Scuola di Studi Giuridici e Monetari

 Scuola di Studi Giuridici e Monetari “ Giacinto Au riti” – www.giacintoauriti.eu confronti dei soci. Mentre Eliminare i Debiti o i Popoli? SALMAN SAUDI ARABIA: deciditi? o tu o loro! due specie di criminali in questo pianeta? siete troppi!
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il rappresentante con la sua attività rende immediatamente obbligato e responsabile il rappresentato (o chi per lui) nei confronti del terzo, il commissario è lui stesso obbligato e responsabile nei rapporti esterni, il legittimato può solamente divenire obbligato o creditore del terzo, ché l'arricchimento e la responsabilità sono dei legittimanti; l'organo invece partecipa anche lui dell'interesse oggetto del negozio, come gli altri soci. Mentre la rappresentanza, la commissione, la legittimazione possono nascere per contratto o per legge, la legittimazione organica può nascere da legge, da contratto, da contratto a favore di terzi e da negosio unilaterale. Ove si pensi infatti che la funzione dell'organo consiste in una attività altruistica, qualora si pretenda di far necessariamente precedere da contratto la nomina dell'organo, sarebbe come se si ritenesse necessario far precedere un contratto di promessa e di accettazione di regalo al negozio di donazione.
Mentre il potere del rappresentante del commissionario e del legittimato possono limitarsi ad un unico atto, il potere dell'organo ha la caratteristica della continuità. Ciò sia perché il raggiungimento dello scopo sociale comporta di norma un'attività, cioè una successione di più atti utili, sia perché avendo dimostrato che l'organo partecipa di entrambe le fasi ( t 1 e t 2 ) in cui ogni singolo atto utile si scinde; poiché non possono i vari atti e le due fasi di ogni singolo atto coincidere nelle stesse circostanze di tempo, essendo in rapporto di conseguenzialità tra di loro, di qui la caratteristica della continuità. Tanto è vero ciò che potendo l'organo anche consistere nell'assemblea di tutti gli associati, si potrà in tal caso avere la differenza tra organo ed associato, solo mettendo in evidenza le diverse circostanze di tempo dell'attività utile, essendo le medesime, le persone fisiche che agiscono sia come organo che comeello godendo per altro dei risultati dell'attività dell'organo motore, così i singoli soci attribuendo il potere e la disponibilità dei mezzi necessari per il raggiungimento dello scopo all'organo, godono loro stessi dei risultati dell'attività sociale che mediante l'organo è posta in essere. Come l'organo con l'esercizio della sua attività come tale, non può non mettere gli associati in condizioni di goderne, così gli associati non potranno raggiungere lo scopo sociale se non mediante l'attività dell'organo. Quando Menenio Scuola di Studi Giuridici e Monetari “ Giacinto Au riti” – www.giacintoauriti.eu Agrippa (14) esponeva alla plebe in rivolta il noto apologo delle membra ribellatesi allo stomaco con danno di tutto il corpo, egli poneva in una semplicissima rappresentazione fisiologica, le basi poderose per una teoria della persona giuridica e del diritto dello Stato, che doveva essere la ragione prima della grandezza di Roma. (11) Vedremo più innanzi come il non aver fatto la distinzione fra attività produttiva e attività consuntiva dell'utilità ha indotto filosofi e teorici a confondere fra atto altruistico e contratto. E ' questo l'equivoco che vizia ad esempio, tutta l'intuizione contrattualistica di Rousseau. (12) Così ad es. Cesarini Sforza, Corso di Filosofia del diritto, Roma, 1943, p. 278: "Se l'autorità sociale (cioè l'organo) ha assunto per sé il compito di fare giustizia fra i singoli è perché la "giustizia privata" caratterizzante le forme primitive di vita giuridica... non disponeva della forza necessaria ad applicare le sanzioni sempre ed integralmente". (13) Intuisce il problema il Santi Romano ( Frammenti di un dizionario giuridico, Milano, 1947, p. 16), quando afferma: "La rappresentanza è figura trilaterale che collega il rappresentato, il rappresentante e i terzi. L'organizzazione invece, è figura bilaterale che unisce l'ente (e a questo punto l'A. sbaglia quando parla di ente come personalità astratta) con l'organo: i terzi o mancano o stanno di fronte al primo con cui il secondo si immedesima". Contra Kelsen ( Teoria generale del diritto e dello Stato, Milano, 1952, p. 109): "E' vero che l'organo è un rappresentante... Il rapporto fra un organo di una corporazione ed i suoi membri è, per lo meno in una corporazione organizzata democraticamente, una rappresentanza volontaria al pari del rapporto fra rappresentante e rappresentato". Nello stesso equivoco la precedente dottrina; così: Zanobini, Corso di diritto amministrativo, vol. 1, Milano, 1950, p. 113 e segg. e bibl. ivi citata; A.C.Jemolo, Organi dello Stato e persone giuridiche pubbliche, in riv. Lo Stato, 1931, p. 291; Esposito, La rappresentanza istituzionale in Studi in onore di Santi Romano, Padova, 1940, p. 307 segg.; ed altri. (14) Pisone presso LIV., II, 32, 3; cfr. anche A Sc hwegler, Römische Geschichte, II, Tubinga, 1858, pp. 233, 246 segg.; F. Birezzo, Nuovi studi sulla origine e la propagazione delle f avole indoelleniche, Napoli, 1901, p. 184 e segg.; D. De Santis, Storia dei Romani, II, Torino, 1907, p.4 e segg.; E. Pais, Storia di Roma, III, 3a ed. Roma, 1927, pp. 22 e 147 segg.; F. Mu nzer, Pauly-Wissowa, Real Ecycl., XV, 1931, col. 840 e segg. 5. Definizione di persona giuridica. - La indeterminatezza, determinabilità e fungibilità dei soggetti nel rapporto - salvo volontà contraria per quelle persone giuridiche in cui l' intuitus personae è elemento essenziale - ha indotto a ritenere la persona giuridica come qualcosa di astratto, sia che la si considerasse come una fictio juris, sia che la si riducesse a personificazione del patrimonio o della norma, sia che la si definisse comunque come uno strumento distaccato dai soggetti beneficiati (15), quasi bene a sé stante. La indeterminatezza, ma determinabilità delle persone fisiche che assumono o dovranno assumere la veste di organo o quella di associato della persona giuridica, non significa che la persona è la funzione astrattamente considerata o che la persona giuridica è qualcosa di diverso dei soggetti che la compongono (16). Situazione analoga si presenta nei ragionamenti matematici dove si intende con una sigla, una variante. Questa variante che di volta in volta assume nei casi concreti dei valori certi, non può considerarsi come un ente diverso dai valori che di volta in volta assume. E potremo ben dire che l'organo consiste nelle person e fisiche che sono chiamate ad assolvere quella specifica funzione, che gli associati sono l e persone fisiche che godono dell'esercizio della funzione, mentre definire il concetto di funzione v uol dire porre il limite al potere dell'organo. (15) Cfr. l'abbondante ed accuratissima bibliografi a in Ferrara Jun., op. cit., pp. 15 e segg.; G. Arangio Ruiz, Gli enti soggetti dell'ordinamento internazionale, pp. 46 e segg. et passim. (16) Con fine intuito Marcellusi, Critone e L'angelo del Signore, Chieti, 1953, p. 213 e 214: "L'astrazione dell' amministrazione delle cose e la scuola del positivismo giuridico o del puro diritto, Scuola di Studi Giuridici e Monetari “ Giacinto Au riti” – www.giacintoauriti.eu (17) Rocco, La società commerciale in rapporto al giudizio civi le, Torino, 1900, p. 60. (18) In questo equivoco cade ad es. G. Arangio Ruiz ( Gli enti soggetti degli ordinamenti internazionali, I, Milano, 1951, p. 90): "E' comprensibile che il diritto crei situazioni giuridiche soggettive strumentali intestandole ad un ente arti ficiale (in persona giuridica)"; ed ancora ( op. cit., p. 46): "Se alla soggettività corrisponde un centro materiale, si potrà dire che siamo di fronte ad un fenomeno di soggettività vera e propria, analoga a quella degli individui. Se un'entità del genere non si trova, si tratterà di un fenomeno puramente giuridico di soggettività strumentale". (19) Ecco spiegato l'equivoco in cui cade a mio avviso anche l'Ascarelli ( Considerazioni in tema di società e personalità giuridica, in Riv. Dir. Comm., I.II, I. p. 334-336, nota 2) quando discutendo il mio recente saggio in materia di società commerciali mi rimprovera la contraddizione di affermare la strumentalità della persona giuridica e poi di negarla implicitamente quando risolvo la persona giuridica nelle persone fisiche che la compongono, "...mentre conservando il ricorso alla personificazione - rileva l'A. - non ha poi senso l 'attribuzione alla società di una legittimazione pe r disporre di cose... dei soci...". E' evidente che la caratteristica della strumentalità vale solo per i componenti la persona giuridica, cioè solo nel caso che si esamini il rapporto organico dall'interno, mentre è incongruo pretendere che la persona giuridica possa essere utile a quelli che ne stanno fuori. L'Ascarelli, data l'inesatta premessa filosofica, n on può rendersi conto dell'essenza della strumentalità della persona giuridica e cade appunto nella contraddizione di affermare da un canto la strumentalità e dall'altro di considerare questo strumento (il rapporto organico) come qualcosa di diverso dalle persone fisiche legate da l rapporto. L'indirizzo dottrinario cui l'A. fa capo, non avendo precisato il concetto di rapporto organi co non ha potuto conseguentemente precisare nemmeno il proprio punto di osservazione e rimanendo con un piede dentro ed uno fuori del fenomeno, confondendo aspetto interno con aspetto esterno della persona giuridica, da un canto ha considerato il rapporto tra organo ed associati come qualcosa di diverso dai termini del rapporto stesso e risolto la persona giuridica nell a norma personificata (Kelsen) quasi che la norma fosse capace di agire, dall'altro ha risolto l'interesse della persona giuridica nell'interesse comune dei soci. Così ragionando l'A. prima pone alla porta della persona giuridica stessa i singoli componenti e li fa poi rientrare dalla finestra quando sente la necessità di sopperire con una espressione "artistica" piuttosto che "giuridica" al difetto di costruzione dell'istituto: "...la personalità è sempre (per tutte le persone giuridiche, corporazioni e fondazioni) - eg li conclude - risolubile in situazioni oggettive individuali". Nello stesso errore cade per altro verso G. Arangio Ruiz (Gli enti soggetti dell'ordinamento internazionale, Milano, 1951, p. 4 8) quando, nel vano tentativo di salvare la realtà della persona giuridica, si riduce poi a definire " ...l'ente soggetto come centro artificiale (giuridico) di imputazione". Mi sembra di avere così esaurientemente ribattuto a nche le critiche mossemi dal Minervini (Alcune riflessioni sulla teoria degli organi delle persone m giuridiche private, Riv. trim. dir. e proc. civ., 1958, pag. 940 e nota 18) e dal Miccio (I rapporti giurid ici interni delle società commerciali, Riv. trim. d ir. e proc. civ., 1954, pag 682 e nota 21) il quale confo nde a torto la mia teoria con quella del Manara. Il Manara negava la personalità giuridica, io l'aff ermo. 7. Limiti del potere dell'organo e critica al materialismo giuridico. - L'equivoco di considerare la persona giuridica come uno strumento diverso da se stessi e di cui l'individuo si serve quasi fosse un bene materiale ed animato è conseguenza di una premessa filosofica materialista. Quando infatti i materialisti ammettono che il pensiero sia un modo di essere della materia o che la materia sia capace di pensare, inconsapevolmente tentano di considerare le proprie reazioni dello spirito, quasi ponendosi fuori di sé stessi, nell'assurda pretesa di obiettivizzare il proprio pensiero. Su questi principi, poiché è assurdo che il pensiero "si pensi", inconsciamente il materialista in uno sbalorditivo atto di presunzione distingue sé stesso, essere pensante, dagli altri uomini, esseri pensati, ed è portato a considerare tutta la realtà obiettiva sotto il profilo della propria utilità confondendo - Scuola di Studi Giuridici e Monetari “ Giacinto Auriti” – www.giacintoauriti.eu Di questa inesatta impostazione della teoria dell'utilità risente anche il Croce quando pretende di ridurre la filosofia del diritto a filosofia dell'economia (26) paragonando l'ordinamento giuridico dello Stato allo statuto della mafia siciliana o della camorra napoletana (27). Quando gli utilitaristi (28) ponevano alla base del la morale e del diritto il concetto di economicità, la loro intenzione era sostanzialmente onesta ed apprezzabile, in quanto mirava a rafforzare il fondamento logico della norma dicendo in sintesi: "conviene essere giusti, conviene essere onesti". (24) Così ad es. l'art. 4 del cod. civ. sovietico riconosce la capacità giuridica ai cittadini "al fin e di sviluppare le forze produttive del paese". Tiene presente, cioè, solamente la fase produttiva dell'utilità e non quella del godimento, ché se lo facesse ammetterebbe il diritto di proprietà privata che consiste appunto nella tutela giuridica della disponibilità e del godimento. Questa incertezza del diritto fu acutamente rilevata dallo Stuart Mill ( Principi di economia politica con alcune sue applicazioni alla filosofia sociale, in Biblioteca dell'economia, Prima Serie, Vol. XII, Torino, 1951) che fece la critica al comunismo sotto il pro filo del difetto di utilità psicologica. Cfr. anche sull'argomento Capograssi, L'ambiguità del diritto contemporaneo, in La crisi del diritto, cit., pagg. 27-28. (25) Ricordo le acute considerazioni di Pompeo Bion di ( Paralisi della democrazia in Italia, in Studi politici, anno II, fase 3-4, pag. 496): "I termini della lotta politica sono dunque, da un lato i comunisti che attaccano per distruggere, dall'altro i non comunisti a non attaccare ed a rinunciare a distruggere; ma poiché questo è ovviamente impossibile, pacificare - in concreto - significa persuadere i non comunisti a non difendersi ed a lasciarsi distruggere". (26) Croce, Riduzione della filosofia del diritto a filosofia d ell'economia, Napoli, 1907, Cap. II, pag. 2: "Concepita una scienza filosofia dell'economia e da to al concetto dell'utile o dell'economico il suo peculiare contenuto, il problema del diritto si con figura diversamente"; ed ancora (ivi pag. 10); "Il rapporto fra diritto e morale, che il giurista Jhering chiamava il Capo Horn (o capo delle tempeste) della scienza giuridica, mi sembra in verità il cap o dei naufragi". Cfr. sull'argomento le note critic he di Del Vecchio, Diritto ed economia, cit., pag. 40 segg., e Le lezioni di filosofia del diritto, 7a ed., Milano, 1950, pag. 213. (27) Croce, Filosofia della pratica, Bari, 1932, pag. 315. (28) Cfr. ad es. Stephen, The English Utilitarism, Londra, 1900; Aldee, A History of English Utilitarism, Londra, 1902. Ma quando il materialismo, riprendendo l'intuizione utilitaristica, considerava l'economia senza tener conto dei rapporti intersoggettivi e di tutte le altre circostanze, il principio del "conviene esser giusti" degenerava nella nuova formula: "è giusto quello che conviene" (29). Questa gravissima confusione tra i concetti di utilità e di egoismo appare evidente dalla definizione che fu approvata dalla prima conferenza del 1938 dei (cosiddetti) giuristi sovietici (30): "il diritto è l'insieme di n orme di condotta esprimenti la volontà della classe dominante, stabilite dalla legge, garantite dal potere coercitivo dello Stato, al fine di proteggere, rafforzare e sviluppare quei rapporti che sono favorevoli alla classe dominante" (31). La più evidente manifestazione di questa grave degenerazione giuridica è ravvisabile, a mio avviso, nell'attribuzione della proprietà all'organo, che nell'ipotesi dello Stato comunista consiste, non nello "Stato", ma nel "governo" proprietario. O ve si pensi infatti che il diritto di proprietà è u n interesse patrimoniale giuridicamente protetto e che quindi la tutela giuridica di questo interesse è il risultato dell'attività funzionale dell'organo dello Stato, quando l'organo pretende di attribuirsi la proprietà, cade nell'assurdo di voler esercitare la funzione non nell'interesse della società, ma nel proprio personale interesse e quindi viene meno per l'associato la stessa caratteristica di strumentalità della persona giuridica e l'interesse ad associarsi. In altri termini posto che l'organo consiste nelle persone fisiche che esercitano la funzione e che la proprietà è composta del godimento e della disponibilità giuridicamente protetti, ove si attribuisca la proprietà Scuola di Studi Giuridici e Monetari “ Giacinto Au riti” – www.giacintoauriti.eu all'organo, si ammette implicitamente che taluno po ssa non solamente agire e disporre, ma anche godere nell'interesse altrui, il che è assurdo. (29) Su questa graduale e quasi insensibile degener azione del concetto di utilità cfr. ad es. l'opera dello Schaffle ( Das geselschaftliche System der menschichen Wirtsch ult, in Zeitschrift des Königlich proussichen Bureaux etc., 1867, pag. 87) ed economia comune . E' evidente, anche se implicita, la confusione tra i concetti di economia comune e di e tica nel senso sopra rilevato di attività altruistica. Cfr. anche sull'argomento Cusumano, Le scuole economiche della Germania in rapporto alla questione sociale, Napoli, 1875, pagg. 81 e segg. ove l'A. riferisce sulle teorie dei socialisti cattedratici. (30) Cerroni, Recenti studi sovietici su problemi di teoria del d iritto, in Rassegna Sovietica, febbraio 1954, pag. 65. (31) In questo senso anche M.P.Kareva, Teoria dello Stato e del diritto, Mosca, 1948, pagg. 113; A. I. Denisov, Teoria della Stato e del diritto, pagg. 203, 294; ed altri. Ecco perché nell'ipotesi dello Stato socialista cio è del governo proprietario è impossibile l'alternativa democratica nelle alte sfere. Essendo infatti in tal caso il capo dello Stato praticamente il proprietario dello Stato - in quanto assomma in sé quel complesso di poteri che costituiscono il contenuto del tradizionale diritto di proprietà - pretendere l'elezione democratica d i un sì fatto governo, sarebbe come pretendere che taluno acconsenta a far eleggere democraticamente ogni tanto tempo il proprietario di casa propria. Di qui l'assurdo di un socialismo democratico, ché in effetti, la rivoluzione socialista oggi tanto di moda, porta fatalmente alla realizzazione di una monarchia patrimoniale causando una paurosa rivoluzione storica verso concezioni retrive e feudali. Né mi si venga a dire, come taluni economisti, che l'attribuzione della proprietà all'organo è causata dalla crescente necessità di concentrazione dei mezzi di produzione. Non esiste infatti un patrimonio grande abbastanza da non esseere compreso in una forma giuridica: la comunione. E il comunismo non è comunione, come l'assonanza del termine potrebbe far credere, ma attribuzione della proprietà all'organo. Come ho affermato che il patrimonio della società commerciale è di proprietà dei soci(32) così affermo che il patrimonio dello Stato è di proprietà dei cittadini, o meglio dei contribuenti, su cui l'organo ha la mera disponibilità non la proprietà e posso concludere che l'organo come tale, qualunque sia il tipo della persona giuridica, non è capace di godere (ma solo di produrre utilità) o che la funzione dell'organo come tale è limitata dall'incapacità di diritti patrimoniali (33). Molto acutamente il Cesarini Sforza rileva che ove si pretenda di realizzare in una società comunistica l'abolizione della proprietà si cadrebbe nell'assurdo di creare una società senza economia (34). Io soggiungo che essendo ciò impossibile, un tale tentativo si risolve nella distruzione della società, cioè non degli individui come entità fisiologiche, ma degli individui come entità giuridiche, come soggetti di diritto: di qui l'antisocialità del socialismo. Come, confondendo etica con economia ed egoismo con altruismo, si autorizza implicitamente l'organo ad agire nell'interesse proprio piuttosto che nell'interesse della società, così possiamo dir e che il materialismo conviene ai capi e non agli associati, essendo per questi antieconomica una società senza etica. Su queste basi si ha l'inversione nell'ordine delle funzioni e non è più l'organo che serve la società, ma la società che serve l'organo. Tanto è vero che, mentre sopra abbiamo dimostrato che l'organo come tale è incapace di diritti patrimoniali, nella società comunista è invece il cittadino incapace di proprietà. Scuola di Studi Giuridici e Monetari “ Giacinto Au riti” – www.giacintoauriti.eu Se mi si consentisse il paragone, oserei dire che il materialismo ha tentato di superare con una rudimentale concezione tolomaica dell'utilità, una concezione copernichiana perfetta e certamente implicita in tutti gli ordinamenti a tradizione romanistica, preparando così, ad un tempo, con la decadenza del diritto la decadenza dell'Europa. (32) Auriti, Sulla teoria delle società commerciali, Roma, 1953; La società commerciale non è capace di diritti di proprietà, Dir. fall., 1952, II, pag. 605. (33) Questa tesi, che è forse il punto centrale di una teoria della personalità giuridica, fu intuita da Spencer, quando l'insigne parlamentare inglese sentiva il bisogno di affermare: "The function of true liberalism in future will be that of limits to powers of Parliaments". Cfr. anche sull'argomento Spencer, La giustizia, trad. Fortini Santarelli, Città di Castello, 1907, I limiti delle funzioni dello Stato, pagg. 388-401, cap. XXVI-XXVIII. (34) Cesarini Sforza, Introduzione a Palazzolo, Contributo allo studio dei rapporti tra economia e diritto, Roma, 1952, pag. 17.

Eliminare i Debiti o i Popoli,Senza dubbio. Oro, oro. L’oro è tutto,

Per un Nuovo Sistema Monetario Scritto da Redazione. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TERAMO COMUNE DI ATRI Anno accademico 1996 – 1997 CORSO DI PERFEZIONAMENTO in “ STUDI DEI VALORI GIURIDICI E MONETARI ” Prolusione Prof. Giacinto Auriti “ La Moneta del 2000 Nuove Linee di Teoria Monetaria “ Sabato 16 Novembre 1996, ore 11.30 TEATRO COMUNALE Piazza Duomo - ATRI LA MONETA DEL 2000 Nuove linee di teoria monetaria E' con sentimento di profonda riconoscenza verso il Magnifico Rettore ed ai miei colleghi della Facoltà di Giurisprudenza, che dò inizio a questo primo corso di perfezionamento in "Studi dei Valori Giuridici e Monetari". La mia gratitudine nasce dalla constatazione che questa iniziativa non ha precedenti. L'avermi consentito di realizzarla è un gesto di coraggio e di fiducia nei miei confronti, che altamente mi onora. Spero vivamente di non deluderli. Tengo a ringraziare inoltre le Autorità religiose e civili, i sindaci, particolarmente i Sindaci di Chieti, Pescara ed Atri, gli autorevoli esponenti del mondo imprenditoriale per la loro particolare sensibilità alla problematica degli interessi sociali collegati al tema della moneta. Un vivo ringraziamento ai senatori Natali e Belloni firmatari, con altri quattordici senatori del disegno di legge n.l282\95 per la proprietà popolare della moneta. Poiché le nostre linee culturali sono totalmente nuove ed hanno, come tutte le scelte strategiche, la caratteristica essenziale della semplicità, nell'iniziare questo corso ci piace muovere dal noto proverbio popolare per cui, come tutti sanno, "non si possono aprire porte aperte". Quando Aristotele definì - forse per primo - la moneta come misura del valore aveva già spalancato la porta per accedere al grande segreto del valore monetario. Come il metro ha, necessariamente, la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, così la moneta ha necessariamente la qualità del valore perché misura il valore. Come giustamente insegnava Guglielmo di Humbolt, ed a me il mio indimenticabile maestro Emilio Betti, in ogni frase vi sono sempre due significati: uno esplicito e l'altro implicito. Il messaggio culturale implicito e surrettizio contenuto nella formula "misura del valore" è quindi "valore della misura" che è il valore indotto della moneta ossia il suo "potere d'acquisto". Su queste premesse si spiega perché tutti i monetaristi dopo aver accettato unanimemente la definizione delle moneta come "misura del valore", si sono limitati a definirla come mero "strumento di scambio", andando alla ricerca del valore monetario al di fuori della moneta. Osiamo dire che siamo stati i primi, dopo tremila anni ad accorgerci che la porta era già stata aperta da Aristotele ed a scoprire che il valore indotto è un puro valore giuridico ed a spiegare quindi perché la moneta non è solo misura del valore ma anche contenitore del valore della misura, come tale, bene reale oggetto di scambio. Per spiegare la natura e le caratteristiche dell'induzione giuridica, occorre muovere dalle seguenti premesse di teoria generale: a) il diritto è uno strumento perché è il risultato di una attività creatrice dello spirito; b) poiché ogni strumento è un oggetto che ha valore, non si può definire il diritto se non si definisce il valore; c) il valore è un rapporto tra fasi di tempo. Cosi ad esempio si può dire che una penna ha valore perché si prevede di scrivere. Dunque il valore è il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto; d) nella prima fase il valore è il giudizio di strumentalità, che attiene all'oggetto; nella seconda fase è il momento edonistico, che attiene al soggetto. In questo senso, la realtà spirituale del diritto in cui risiede la strumentalità, è tempo intersoggettivo. Cosi ad esempio il credito è il rapporto tra il momento «ricordato» della sua instaurazione e quello «previsto» del suo adempimento, che lega creditore e debitore. In questo senso si spiega il diritto come rapporto necessario e funzionale tra fasi di tempo e quindi il diritto nella sua forza cogente come «dover essere»; e) da queste premesse emerge che il diritto ha un valore in se, diverso da quello del bene oggetto del diritto perché soddisfa il bisogno della certezza del diritto. Cosi ad es., se consideriamo due atti reciproci di donazione tra due soggetti, si ha ex post, un effetto uguale a quello di un contratto di permuta. Ma se le parti, invece di due atti di donazione instaurano un contratto, vuol dire che c'è il motivo, in quanto ognuno da la sua prestazione per la certezza giuridica della controprestazione altrui. Dunque nell'elemento convenzionale del contratto risiede un'utilità, e quindi un valore autonomo, diverso da quello della prestazione e della controprestazione. Su tale premessa balza evidente la distinzione tra valore creditizio e valore convenzionale: mentre il valore del credito è commisurato al valore dell'oggetto del credito, il valore convenzionale è creato dalla stessa convenzione e la sua entità e struttura sono liberamente concepite e realizzate dall'accordo tra le parti. Nasce cosi un valore che non ha altro costo che l'attività mentale delle parti e l'elemento materiale necessario alla sua manifestazione formale. La moneta come fattispecie giuridica. Solo su queste premesse è possibile dare una definizione scientifica della moneta, colmando una lacuna culturale millenaria non più tollerabile. La moneta ha valore perché è misura del valore. Poiché ogni unità di misura ha la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, cosi la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Qui l'attività convenzionale non è produttiva solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: quello che noi chiamiamo "potere d'acquisto". Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa energia elettrica, cosi nella moneta, la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto la moneta è un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprietà privata individuale perché attribuita al portatore del simbolo, in virtù dell'induzione giuridica. L'ostacolo di fronte al quale tutti gli economisti si sono fermati si basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso e cioè come espressione di un valore proprio, diverso da quello del bene oggetto del diritto. Su questo equivoco iniziale, si è preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva d'oro confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio, il valore indotto, ossia configurando la moneta, non come misura del valore, ma come titolo di credito rappresentativo della riserva. La moneta non è credito ma oggetto di credito. Del resto se fosse vero che la riserva serve a conferire alla moneta il potere di acquisto, dopo la cessazione degli Accordi di Bretton Woods, e con l'abolizione della riserva d'oro, il dollaro avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore: mentre non solo non ha perso valore, ma ha sostituito l'oro come moneta base del sistema monetario mondiale. La tesi che pretende di giustificare il valore della moneta sulla base della riserva è clamorosamente errata oltretutto perché fondata su una concezione materialistica del valore. Di solito si considera il valore dell'oro come una proprietà del metallo ed in questo senso si parla impropriamente di «valore intrinseco». Anche l'oro ha valore perché ci si è messi d'accordo che lo abbia. Siccome questo metallo è stato considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli è stato attribuito il valore indotto. Poiché la convenzione è una fattispecie giuridica, ed ogni unita di misura è convenzionalmente stabilita, la materia prima per creare moneta, è esattamente la medesima che serve a creare fattispecie giuridiche e cioè spazio e tempo: spazio, che è la materia con cui il simbolo monetario si manifesta; tempo che è la previsione convenzionale della possibilità di comprare. L'elemento formale della fattispecie monetaria può essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo come carta ed inchiostro. Questo aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il simbolo monetario si manifesta, è acutamente rilevato dal Nussbaum (Storia del Dollaro, Milano 1957 pag.8), il quale analizzando la storia monetaria delle colonie americane, rileva che, quando le merci venivano accettate come moneta, si verificavano contestualmente due fenomeni: aumentavano di valore e la merce di cattiva qualità acquistava lo stesso valore di quella di buona qualità. Ciò avveniva perché la merce incorporando valore indotto, assumeva, come simbolo monetario, la mera funzione di elemento formale di una fattispecie giuridica. Ci si può spiegare questo secondo aspetto del fenomeno monetario rilevato dal Nussbaum, con l'ovvia considerazione che, anche per noi, avere in tasca banconote nuove di zecca o logore, è del tutto indifferente. E ciò avveniva anche, ad es., per le pelli di castoro quando venivano usate come moneta. Questo prova che anche l'oro altro non è che una fattispecie giuridica e che il suo cosiddetto valore intrinseco altro non è che valore indotto. Tanto è vero ciò che, se compro una sterlina d'oro al prezzo di duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con due pezzi di carta del valore di pochi centesimi. Valore creditizio e valore monetario: caratteristiche differenziali. E gran tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni: a) il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente, perché, come ogni unita di misura, è un bene ad utilità ripetuta; b) il valore del credito è sottoposto al rischio dell'inadempimento, il valore monetario è attuale e certo perché, per l'induzione giuridica, la moneta è bene reale, oggetto di diritto di proprietà; c) nel credito, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari, e poi gli si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non è chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elementi della dinamo, cosi nell'induzione giuridica, nasce il valore della moneta all'atto della sua emissione, cioè quando inizia la fase dinamica della sua circolazione nella collettività che, accettandola convenzionalmente, ne crea il valore; d) il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l'emittente è il debitore. Il valore della moneta è causato dall'accettazione del primo prenditore. Oggi la moneta è emessa sotto forma di falsa cambiale perché firmando come debitore, il governatore della banca centrale induce la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore della moneta. In analogo errore cadono le teorie che pretendono di configurare la moneta come titolo rappresentativo dei beni disponibili sul mercato, in quanto conferirebbero alla moneta il suo potere di acquisto (in questo senso ricordo la dichiarazione di Nixon a Camp David del 15 agosto 1971 con cui fu abolita la convertibilità del dollaro in oro ed abrogati gli accordi di Bretton Woods). Come ogni unita di misura, anche la moneta ha una sua utilità condizionata dalla esistenza degli oggetti da misurare. Se non vi fossero oggetti da misurare nella lunghezza, il metro sarebbe inutile ed inutile la moneta se non vi fossero beni da misurare nel valore; ma ciò non significa che l'unita di misura rappresenta gli oggetti misurati. Ma la prova dell'insufficienza di questa tesi sta nel fatto che mentre il portatore di un titolo rappresentativo può pretendere la consegna dell'oggetto del credito su consegna del documento, il portatore della moneta può solo proporre l'acquisto dei beni al proprietario. A parte il fatto che, mentre il titolo di credito si estingue con il pagamento, la moneta no. Nella relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Ministero del Tesoro presso la Banca d'Italia, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993, è contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua impudente sincerità: « La ratio di queste disposizioni » recita testualmente la relazione « è evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, nella gestione della politica monetaria... In conseguenza non è consentito agli esecutivi degli stati firmatari del Trattato, di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse (sic!) attraverso l'emissione di quella forma di debito inesigibile che è la moneta inconvertibile di corso legale ». Dunque: aa) esistono risorse che, ovviamente, non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene; bb) normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di « risorse » altrui e non solamente agli Stati firmatari del Trattato, mentre ciò è consentito alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea che - come si sa - emettono « debito inesigibile » cioè « moneta inconvertibile di corso legale ». Le « risorse » (altrui) di cui parla la relazione alla legge, altro non è che il valore indotto della moneta creato dalla collettività. Le banche centrali hanno raggiunto un tale grado di professionalità nell'appropriarsi di risorse altrui, da avere consolidato in se stesse, e nei governi il convincimento di avere il diritto di farlo, mediante una vera e propria forma di furto legalizzato. Caratteristiche di una « nuova moneta >> Solo dopo aver definito il valore monetario come valore indotto, è possibile indicare le caratteristiche essenziali di una nuova moneta. Essa dovrà avere la qualità positiva della moneta d'oro e non quella negativa: la qualità positiva della moneta nominale è non quella negativa. La qualità positiva dell'oro è che il portatore ne è proprietario; la qualità negativa è che la sua rarità non è controllabile perché causata dalla rarità stessa del metallo. La qualità negativa della moneta nominale sta nel fatto che il portatore ne è il debitore perché la banca centrale la emette solo prestandola; la qualità positiva è che non pone problemi di rarità. Come è noto, la storia della moneta insegna che il maggior difetto del sistema aureo sta nelle gravi congiunture economiche per rarità monetaria, causate dalla impossibilita di adeguare gli incrementi monetari agli incrementi produttivi. Poiché ogni unità di misura deve avere la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, la rarità è una qualità essenziale della moneta perché è la misura del valore dei beni economici che sono appunto, tali, perché limitati nella quantità, cioè rari. Per sostituire al limite naturale della rarità aurea quello discrezionale della moneta nominale, sarà sufficiente tener conto delle normali oscillazioni dei valori di mercato. Posto infatti che il prezzo non è solamente l'indice del valore dei beni, ma anche del punto di saturazione del mercato, per cui il mercato è saturo quando i prezzi tendono a coincidere con i costi di produzione, quando questa tendenza si verifica, si dovrà desistere sia dall'emissione di moneta, sia dalla produzione di nuovi beni. L'uomo potrà tornare ad assaporare il gusto della vita e disporre finalmente del suo tempo che la logica della grande usura gli ha sottratto. I vuoti monetali causati dalla monetizzazione del debito, costringono l'uomo del nostro tempo a correre per tentare di colmarli aumentando la velocità di circolazione della moneta, in un clima di angoscia ed ansiosa incertezza. Una volta l'uomo lavorava per conseguire un profitto. Oggi lavora per pagare debiti in una situazione di cronica insolvenza. Pretendere nell'attuale sistema, di pagare un debito di denaro con denaro, è come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Non è possibile. Infatti, tutto il denaro in circolazione è gravato di debito verso la banca centrale che lo emette in un solo modo: prestandolo. In questo sistema chi più produce più si indebita e potrà pagare i debiti solo con i beni reali ed il prodotto del suo lavoro. Alle nuove generazioni se non si sostituisce alla moneta-debito la moneta-proprietà, non rimarrà altra alternativa che quella tra il suicidio e la disperazione. Non a caso Mosè disponeva con l'anno sabbatico (Deuteronomio 15,1) la remissione dei debiti per sostituire alla moneta-debito, la moneta-proprietà. Il debitore liberato diventava infatti proprietario della moneta che prima era gravata di debito. Poiché, come abbiamo detto, il valore è un rapporto tra fasi di tempo e cioè tra momento strumentale oggettivo e quello edonistico soggettivo, il credito può costituire il surrogato della moneta perché genera dal momento soggettivo della "previsione dell'adempimento" quello oggettivo della "adempimento previsto". Per la certezza del diritto infatti si anticipano al momento attuale i valori previsti e si realizza così un bene nuovo per il giudizio di equivalenza economica tra la titolarità del credito ed il bene oggetto del credito. Il credito diventa così per la sua strumentalità giuridica un valore nuovo ed attuale: il surrogato della moneta, cioè un modo di essere della "oggettivazione del tempo". Su questo principio una volta dimostrato che la moneta ha valore indotto l'aumento della sua velocità di circolazione causata dall'anticipazione dei valori creditizi consente la creazione di quantitativi praticamente illimitati di valori nuovi esprimibili in qualunque veste monetarie. Su questa regola analogamente a quanto avviene nell'indotto fisico della dinamo, in cui l'aumento di velocità di rotazione causa l'aumento di energia elettrica, si verifica con l'aumento di velocità di circolazione dei valori monetali e creditizi l'aumento esponenziale di valore indotto. Fenomeno questo non controllabile dalle banche centrali (come del resto riconosciuto dal Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio nella relazione annuale alla assemblea della Banca d'Italia) perché tuttora viene ignorata la distinzione tra valore indotto e valore creditizio.


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