Per un Nuovo Sistema Monetario Scritto da Redazione. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TERAMO COMUNE DI ATRI Anno accademico 1996 – 1997 CORSO DI PERFEZIONAMENTO in “ STUDI DEI VALORI GIURIDICI E MONETARI ” Prolusione Prof. Giacinto Auriti “ La Moneta del 2000 Nuove Linee di Teoria Monetaria “ Sabato 16 Novembre 1996, ore 11.30 TEATRO COMUNALE Piazza Duomo - ATRI LA MONETA DEL 2000 Nuove linee di teoria monetaria E' con sentimento di profonda riconoscenza verso il Magnifico Rettore ed ai miei colleghi della Facoltà di Giurisprudenza, che dò inizio a questo primo corso di perfezionamento in "Studi dei Valori Giuridici e Monetari". La mia gratitudine nasce dalla constatazione che questa iniziativa non ha precedenti. L'avermi consentito di realizzarla è un gesto di coraggio e di fiducia nei miei confronti, che altamente mi onora. Spero vivamente di non deluderli. Tengo a ringraziare inoltre le Autorità religiose e civili, i sindaci, particolarmente i Sindaci di Chieti, Pescara ed Atri, gli autorevoli esponenti del mondo imprenditoriale per la loro particolare sensibilità alla problematica degli interessi sociali collegati al tema della moneta. Un vivo ringraziamento ai senatori Natali e Belloni firmatari, con altri quattordici senatori del disegno di legge n.l282\95 per la proprietà popolare della moneta. Poiché le nostre linee culturali sono totalmente nuove ed hanno, come tutte le scelte strategiche, la caratteristica essenziale della semplicità, nell'iniziare questo corso ci piace muovere dal noto proverbio popolare per cui, come tutti sanno, "non si possono aprire porte aperte". Quando Aristotele definì - forse per primo - la moneta come misura del valore aveva già spalancato la porta per accedere al grande segreto del valore monetario. Come il metro ha, necessariamente, la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, così la moneta ha necessariamente la qualità del valore perché misura il valore. Come giustamente insegnava Guglielmo di Humbolt, ed a me il mio indimenticabile maestro Emilio Betti, in ogni frase vi sono sempre due significati: uno esplicito e l'altro implicito. Il messaggio culturale implicito e surrettizio contenuto nella formula "misura del valore" è quindi "valore della misura" che è il valore indotto della moneta ossia il suo "potere d'acquisto". Su queste premesse si spiega perché tutti i monetaristi dopo aver accettato unanimemente la definizione delle moneta come "misura del valore", si sono limitati a definirla come mero "strumento di scambio", andando alla ricerca del valore monetario al di fuori della moneta. Osiamo dire che siamo stati i primi, dopo tremila anni ad accorgerci che la porta era già stata aperta da Aristotele ed a scoprire che il valore indotto è un puro valore giuridico ed a spiegare quindi perché la moneta non è solo misura del valore ma anche contenitore del valore della misura, come tale, bene reale oggetto di scambio. Per spiegare la natura e le caratteristiche dell'induzione giuridica, occorre muovere dalle seguenti premesse di teoria generale: a) il diritto è uno strumento perché è il risultato di una attività creatrice dello spirito; b) poiché ogni strumento è un oggetto che ha valore, non si può definire il diritto se non si definisce il valore; c) il valore è un rapporto tra fasi di tempo. Cosi ad esempio si può dire che una penna ha valore perché si prevede di scrivere. Dunque il valore è il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto; d) nella prima fase il valore è il giudizio di strumentalità, che attiene all'oggetto; nella seconda fase è il momento edonistico, che attiene al soggetto. In questo senso, la realtà spirituale del diritto in cui risiede la strumentalità, è tempo intersoggettivo. Cosi ad esempio il credito è il rapporto tra il momento «ricordato» della sua instaurazione e quello «previsto» del suo adempimento, che lega creditore e debitore. In questo senso si spiega il diritto come rapporto necessario e funzionale tra fasi di tempo e quindi il diritto nella sua forza cogente come «dover essere»; e) da queste premesse emerge che il diritto ha un valore in se, diverso da quello del bene oggetto del diritto perché soddisfa il bisogno della certezza del diritto. Cosi ad es., se consideriamo due atti reciproci di donazione tra due soggetti, si ha ex post, un effetto uguale a quello di un contratto di permuta. Ma se le parti, invece di due atti di donazione instaurano un contratto, vuol dire che c'è il motivo, in quanto ognuno da la sua prestazione per la certezza giuridica della controprestazione altrui. Dunque nell'elemento convenzionale del contratto risiede un'utilità, e quindi un valore autonomo, diverso da quello della prestazione e della controprestazione. Su tale premessa balza evidente la distinzione tra valore creditizio e valore convenzionale: mentre il valore del credito è commisurato al valore dell'oggetto del credito, il valore convenzionale è creato dalla stessa convenzione e la sua entità e struttura sono liberamente concepite e realizzate dall'accordo tra le parti. Nasce cosi un valore che non ha altro costo che l'attività mentale delle parti e l'elemento materiale necessario alla sua manifestazione formale. La moneta come fattispecie giuridica. Solo su queste premesse è possibile dare una definizione scientifica della moneta, colmando una lacuna culturale millenaria non più tollerabile. La moneta ha valore perché è misura del valore. Poiché ogni unità di misura ha la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, cosi la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore. Qui l'attività convenzionale non è produttiva solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: quello che noi chiamiamo "potere d'acquisto". Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa energia elettrica, cosi nella moneta, la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto la moneta è un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprietà privata individuale perché attribuita al portatore del simbolo, in virtù dell'induzione giuridica. L'ostacolo di fronte al quale tutti gli economisti si sono fermati si basa sull'errore iniziale di non aver definito la moneta come fattispecie giuridica e lo stesso diritto come strumento o bene esso stesso e cioè come espressione di un valore proprio, diverso da quello del bene oggetto del diritto. Su questo equivoco iniziale, si è preteso di giustificare il valore monetario sulla base della riserva d'oro confondendo e spacciando sotto la parvenza di valore creditizio, il valore indotto, ossia configurando la moneta, non come misura del valore, ma come titolo di credito rappresentativo della riserva. La moneta non è credito ma oggetto di credito. Del resto se fosse vero che la riserva serve a conferire alla moneta il potere di acquisto, dopo la cessazione degli Accordi di Bretton Woods, e con l'abolizione della riserva d'oro, il dollaro avrebbe dovuto perdere totalmente il suo valore: mentre non solo non ha perso valore, ma ha sostituito l'oro come moneta base del sistema monetario mondiale. La tesi che pretende di giustificare il valore della moneta sulla base della riserva è clamorosamente errata oltretutto perché fondata su una concezione materialistica del valore. Di solito si considera il valore dell'oro come una proprietà del metallo ed in questo senso si parla impropriamente di «valore intrinseco». Anche l'oro ha valore perché ci si è messi d'accordo che lo abbia. Siccome questo metallo è stato considerato tradizionalmente come simbolo monetario, per consuetudine gli è stato attribuito il valore indotto. Poiché la convenzione è una fattispecie giuridica, ed ogni unita di misura è convenzionalmente stabilita, la materia prima per creare moneta, è esattamente la medesima che serve a creare fattispecie giuridiche e cioè spazio e tempo: spazio, che è la materia con cui il simbolo monetario si manifesta; tempo che è la previsione convenzionale della possibilità di comprare. L'elemento formale della fattispecie monetaria può essere l'oro o qualsiasi altro simbolo di costo nullo come carta ed inchiostro. Questo aspetto della irrilevanza del valore della merce con cui il simbolo monetario si manifesta, è acutamente rilevato dal Nussbaum (Storia del Dollaro, Milano 1957 pag.8), il quale analizzando la storia monetaria delle colonie americane, rileva che, quando le merci venivano accettate come moneta, si verificavano contestualmente due fenomeni: aumentavano di valore e la merce di cattiva qualità acquistava lo stesso valore di quella di buona qualità. Ciò avveniva perché la merce incorporando valore indotto, assumeva, come simbolo monetario, la mera funzione di elemento formale di una fattispecie giuridica. Ci si può spiegare questo secondo aspetto del fenomeno monetario rilevato dal Nussbaum, con l'ovvia considerazione che, anche per noi, avere in tasca banconote nuove di zecca o logore, è del tutto indifferente. E ciò avveniva anche, ad es., per le pelli di castoro quando venivano usate come moneta. Questo prova che anche l'oro altro non è che una fattispecie giuridica e che il suo cosiddetto valore intrinseco altro non è che valore indotto. Tanto è vero ciò che, se compro una sterlina d'oro al prezzo di duecentomila lire, scambio il simbolo aureo con due pezzi di carta del valore di pochi centesimi. Valore creditizio e valore monetario: caratteristiche differenziali. E gran tempo ormai che si esca definitivamente dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito basta muovere dalle seguenti considerazioni: a) il credito si estingue col pagamento, la moneta continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente, perché, come ogni unita di misura, è un bene ad utilità ripetuta; b) il valore del credito è sottoposto al rischio dell'inadempimento, il valore monetario è attuale e certo perché, per l'induzione giuridica, la moneta è bene reale, oggetto di diritto di proprietà; c) nel credito, prima si vuole il precetto normativo e poi lo si manifesta; nella moneta, prima si crea la manifestazione formale, cioè i simboli monetari, e poi gli si attribuisce il valore all'atto dell'emissione. Chi crea il valore della moneta non è chi la emette, ma chi l'accetta. Come nell'induzione fisica nasce l'energia elettrica con la rotazione degli elementi della dinamo, cosi nell'induzione giuridica, nasce il valore della moneta all'atto della sua emissione, cioè quando inizia la fase dinamica della sua circolazione nella collettività che, accettandola convenzionalmente, ne crea il valore; d) il valore del credito è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale in cui l'emittente è il debitore. Il valore della moneta è causato dall'accettazione del primo prenditore. Oggi la moneta è emessa sotto forma di falsa cambiale perché firmando come debitore, il governatore della banca centrale induce la collettività nel falso convincimento che sia lui stesso a creare il valore della moneta. In analogo errore cadono le teorie che pretendono di configurare la moneta come titolo rappresentativo dei beni disponibili sul mercato, in quanto conferirebbero alla moneta il suo potere di acquisto (in questo senso ricordo la dichiarazione di Nixon a Camp David del 15 agosto 1971 con cui fu abolita la convertibilità del dollaro in oro ed abrogati gli accordi di Bretton Woods). Come ogni unita di misura, anche la moneta ha una sua utilità condizionata dalla esistenza degli oggetti da misurare. Se non vi fossero oggetti da misurare nella lunghezza, il metro sarebbe inutile ed inutile la moneta se non vi fossero beni da misurare nel valore; ma ciò non significa che l'unita di misura rappresenta gli oggetti misurati. Ma la prova dell'insufficienza di questa tesi sta nel fatto che mentre il portatore di un titolo rappresentativo può pretendere la consegna dell'oggetto del credito su consegna del documento, il portatore della moneta può solo proporre l'acquisto dei beni al proprietario. A parte il fatto che, mentre il titolo di credito si estingue con il pagamento, la moneta no. Nella relazione al disegno di legge sul conto intrattenuto dal Ministero del Tesoro presso la Banca d'Italia, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 1993, è contenuta una preziosa dichiarazione, rara per la sua impudente sincerità: « La ratio di queste disposizioni » recita testualmente la relazione « è evidente: garantire la piena indipendenza delle Banche Centrali e della Banca Centrale Europea, nella gestione della politica monetaria... In conseguenza non è consentito agli esecutivi degli stati firmatari del Trattato, di esercitare signoraggio in senso stretto: ovvero di appropriarsi di risorse (sic!) attraverso l'emissione di quella forma di debito inesigibile che è la moneta inconvertibile di corso legale ». Dunque: aa) esistono risorse che, ovviamente, non sono di chi se ne appropria, altrimenti sarebbe impossibile appropriarsene; bb) normalmente non dovrebbe essere consentito a nessuno di appropriarsi di « risorse » altrui e non solamente agli Stati firmatari del Trattato, mentre ciò è consentito alle Banche Centrali e alla Banca Centrale Europea che - come si sa - emettono « debito inesigibile » cioè « moneta inconvertibile di corso legale ». Le « risorse » (altrui) di cui parla la relazione alla legge, altro non è che il valore indotto della moneta creato dalla collettività. Le banche centrali hanno raggiunto un tale grado di professionalità nell'appropriarsi di risorse altrui, da avere consolidato in se stesse, e nei governi il convincimento di avere il diritto di farlo, mediante una vera e propria forma di furto legalizzato. Caratteristiche di una « nuova moneta >> Solo dopo aver definito il valore monetario come valore indotto, è possibile indicare le caratteristiche essenziali di una nuova moneta. Essa dovrà avere la qualità positiva della moneta d'oro e non quella negativa: la qualità positiva della moneta nominale è non quella negativa. La qualità positiva dell'oro è che il portatore ne è proprietario; la qualità negativa è che la sua rarità non è controllabile perché causata dalla rarità stessa del metallo. La qualità negativa della moneta nominale sta nel fatto che il portatore ne è il debitore perché la banca centrale la emette solo prestandola; la qualità positiva è che non pone problemi di rarità. Come è noto, la storia della moneta insegna che il maggior difetto del sistema aureo sta nelle gravi congiunture economiche per rarità monetaria, causate dalla impossibilita di adeguare gli incrementi monetari agli incrementi produttivi. Poiché ogni unità di misura deve avere la qualità corrispondente a ciò che deve misurare, la rarità è una qualità essenziale della moneta perché è la misura del valore dei beni economici che sono appunto, tali, perché limitati nella quantità, cioè rari. Per sostituire al limite naturale della rarità aurea quello discrezionale della moneta nominale, sarà sufficiente tener conto delle normali oscillazioni dei valori di mercato. Posto infatti che il prezzo non è solamente l'indice del valore dei beni, ma anche del punto di saturazione del mercato, per cui il mercato è saturo quando i prezzi tendono a coincidere con i costi di produzione, quando questa tendenza si verifica, si dovrà desistere sia dall'emissione di moneta, sia dalla produzione di nuovi beni. L'uomo potrà tornare ad assaporare il gusto della vita e disporre finalmente del suo tempo che la logica della grande usura gli ha sottratto. I vuoti monetali causati dalla monetizzazione del debito, costringono l'uomo del nostro tempo a correre per tentare di colmarli aumentando la velocità di circolazione della moneta, in un clima di angoscia ed ansiosa incertezza. Una volta l'uomo lavorava per conseguire un profitto. Oggi lavora per pagare debiti in una situazione di cronica insolvenza. Pretendere nell'attuale sistema, di pagare un debito di denaro con denaro, è come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Non è possibile. Infatti, tutto il denaro in circolazione è gravato di debito verso la banca centrale che lo emette in un solo modo: prestandolo. In questo sistema chi più produce più si indebita e potrà pagare i debiti solo con i beni reali ed il prodotto del suo lavoro. Alle nuove generazioni se non si sostituisce alla moneta-debito la moneta-proprietà, non rimarrà altra alternativa che quella tra il suicidio e la disperazione. Non a caso Mosè disponeva con l'anno sabbatico (Deuteronomio 15,1) la remissione dei debiti per sostituire alla moneta-debito, la moneta-proprietà. Il debitore liberato diventava infatti proprietario della moneta che prima era gravata di debito. Poiché, come abbiamo detto, il valore è un rapporto tra fasi di tempo e cioè tra momento strumentale oggettivo e quello edonistico soggettivo, il credito può costituire il surrogato della moneta perché genera dal momento soggettivo della "previsione dell'adempimento" quello oggettivo della "adempimento previsto". Per la certezza del diritto infatti si anticipano al momento attuale i valori previsti e si realizza così un bene nuovo per il giudizio di equivalenza economica tra la titolarità del credito ed il bene oggetto del credito. Il credito diventa così per la sua strumentalità giuridica un valore nuovo ed attuale: il surrogato della moneta, cioè un modo di essere della "oggettivazione del tempo". Su questo principio una volta dimostrato che la moneta ha valore indotto l'aumento della sua velocità di circolazione causata dall'anticipazione dei valori creditizi consente la creazione di quantitativi praticamente illimitati di valori nuovi esprimibili in qualunque veste monetarie. Su questa regola analogamente a quanto avviene nell'indotto fisico della dinamo, in cui l'aumento di velocità di rotazione causa l'aumento di energia elettrica, si verifica con l'aumento di velocità di circolazione dei valori monetali e creditizi l'aumento esponenziale di valore indotto. Fenomeno questo non controllabile dalle banche centrali (come del resto riconosciuto dal Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio nella relazione annuale alla assemblea della Banca d'Italia) perché tuttora viene ignorata la distinzione tra valore indotto e valore creditizio.
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